Parco
Sorgenti del Torrente Lura
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Sentiero dei Pecit

(con Parco Pineta di Appiano G.le e Tradate)

A piedi         Elevato interesse: flora Elevato interesse: fauna 

Il sentiero parte alla periferia ovest di Oltrona di San Mamette percorrendo via Dominioni; subito dopo il ponte sul Torrente Antiga, si piega a destra lungo un sentiero fra il bosco e il corso d’acqua. L’ambiente umido consente, in primavera, la crescita di fiori come la pervinca, il sigillo di Salomone e la viola canina. Arbusti e alberi come la robinia, il sambuco, il nocciolo, il biancospino rivestono le sponde e le scarpate. Molto più raro individuare un carpino bianco, albero in passato molto diffuso in questi ambienti ma debole e quindi soppiantato da essenze di più rapido accrescimento. Da osservare, nelle pozze d’acqua, il tritone punteggiato: è simile alla salamandra, ma dai colori meno evidenti e con una cresta dorsale dentellata.

Presso il vertice dei Quattro confini, convergenza dei limiti comunali di Oltrona, Olgiate Comasco, Lurate Caccivio, Beregazzo, si abbandona la valle e si sale sul terrazzo morenico fino a incontrare il sito di un insediamento abitato dell’età del ferro (VI-V sec.a.C.), rinvenuto nel 1989.
Attraversata la Strada Provinciale 23 si entra nel perimetro del Parco Pineta. La sua vocazione forestale si deve al pino silvestre e alle piantagioni artificiali di abete rosso e larice. Buona parte dell’originaria brughiera qui è stata dissodata oppure rimboschita durante la seconda metà del Settecento. Nel sottobosco, dove c’è luce sufficiente, prolifera la felce aquilina, una pianta della quale in passato si apprezzavano le virtù salutari.
Ai prati e ai boschi si alternano piccole zone umide che sono vere e proprie ‘fabbriche’ della natura per la loro straordinaria produttività biologica. Vi sguazzano enormi rospi, ma anche rane verdi, raganelle, tritoni e salamandre.


Il Pettirosso
Vuole la leggenda che dal capo di Gesù Cristo, coronato di spine, sia spillata una goccia di sangue. Questa cadendo avrebbe macchiato di rosso il petto di un uccelletto, da quel momento chiamato pettirosso. Erithacus rubecula - questo il nome scientifico, ma semplicemente ‘pecitt’ per i comaschi – frequenta i boschi e le nostre campagne. È uno degli uccelletti più simpatici, riconoscibile per il vivace colore del piumaggio e per il suo procedere a saltelli, quando è in terra, o per il volo rapido e breve di ramo in ramo. Ma a scanso di una tradizione letteraria che lo vorrebbe compassionevole e cortese verso gli altri uccelli, il pettirosso, nella realtà, è un vero scorbutico, che tollera poco o nulla le intrusioni nel proprio territorio. La macchia rossa sarebbe, secondo l’opinione degli ornitologi, un distintivo di aggressività, una sorta di messaggio psicologico rivolto ai nemici. Un’altra singolarità di questo animale riguarda il canto: non solo è un vero artista, rivaleggiando con l’usignolo, ma è anche in grado di modulare le sue note producendo un variegato repertorio di ‘dialetti’ locali. Fa il nido ovunque capiti, senza discrezione: nelle scatole da scarpe, nei vasi da fiori, dentro una carcassa d’automobile, in un vecchio pneumatico. Ruba il pasto al martin pescatore, dimostrando nella pesca un’indiscussa abilità che fa giustizia della sua fama di insettivoro.


(foto di: Parco Sorgenti del Torrente Lura)
 
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